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TERMALISMO RELIGIOSO

In cima al monte Cronio di Sciacca si trovano alcune cavità utilizzate sin da epoca preistorica le quali, nel 2000 a.C., furono invase da vapore endogeno proveniente dal sottostante bacino termale. Fu a causa di tale evento che i Neolitici discesero nelle cavità interne del Cronio per dare culto ad una divinità collegata alle forze della natura che, nella mente dei cavernicoli, andava placata con un rito propiziatorio di cui restano in sito numerosi vasi, depositati ad una cinquantina di metri dalla sommità. Le grotte superiori, sede di abitazione sin dal Paleolitico, ormai invase dal vapore, vennero abbandonate per millecinquecento anni e tornarono ad essere frequentate solo in epoca greco-romana, come conferma lo studio stratigrafico dell’archeologo Santo Tinè ed un pavimento in lastre di cotto rinvenuto da Schneider e Caporusso a circa 60 cm. dalla superficie. La parte più esterna del sistema carsico, che oggi si presenta suddivisa artificialmente in diverse cavità, allora costituiva un unico santuario dedicato alle divinità ctonie (vedi le lucerne votive e le statuine fittili di Demetra, nel vicino Antiquarium). Non si trattava quindi di un ambiente curativo né ludico (il vapore infatti vi si disperdeva), ma molti autori locali che sconoscono i documenti continuano a scrivere erroneamente che nelle grotte del Cronio Greci e Romani praticavano la sauna.
L’uso terapeutico di tali grotte è archeologicamente accertato solo a partire dal V secolo d.C. quando, con muri divisori, venne creato l’ambiente sudatorio oggi denominato Antro di Dedalo e che la tradizione letteraria vorrebbe invece attribuire a Dedalo come affermò per primo Diodoro Siculo (IV 78).
Il termalismo religioso consiste nel binomio cura-ringraziamento a Dio, da collegare alla figura di san Calogero eremita, Anfora bizantina attribuita a san Calogero (V sec. d.C.) che proprio in quell’epoca si insedia presso le grotte ed avvia una tradizione assistenziale e curativa perpetuata lungo i secoli dal suo Cenobio. Il mandato spirituale di assistere gli ammalati che si recavano alle grotte impegnò i monaci fino alla prima metà del XX secolo: i poveri vennero accolti per il vitto e l’alloggio nel vicino ospedale di San Calogero già operante nel XVI secolo.
Si trattava quindi di un sistema bene organizzato che, facendo ritrovare la salute in modo naturale (non esistevano molti rimedi in medicina) forniva assistenza tramite la questua operata dai monaci. I malati rendevano naturalmente grazie a Dio, come viene ricordato in una lapide posta all’ingresso delle stufe, secondo cui il sommo artefice di questa mirabile opera della natura è da ricercare in Dio.
Le stufe naturali di Sciacca (oggi inglobate in un piano dell’albergo San Calogero), uniche nel loro genere perchè frutto di un collegamento tra il complesso carsico all’interno del monte ed il bacino termale sottostante, sono ricercate ogni anno da migliaia di persone.
Va evidenziato anche che vi fu, proprio per tale pratica religioso-curativa legata alle grotte, una continuità nell’uso di esse, abbastanza documentata per tutto il Medioevo, come attestano diverse fonti documentali: gli Inni di Sergio, il Breviario usato al tempo dei Normanni, il De Balneis contenuto nel Libro Rosso della città, la Liturgia Ecclesiae Agrigentinae (manoscritto presso l’Archivio Capitolare del duomo di Agrigento, datato al 1391), la Pergamena di Giuditta, figlia del conte Ruggero.
E’ curioso notare che la cura sudatoria in grotta veniva ritenuta un bagno, come asserito nel Balneis che parla di balnea sicania e balneum siccum: la traspirazione inodore, in un ambiente in cui vi è un ricambio d’aria (che consiste in una decina di metri cubi al secondo), spiega perchè qualcuno dei nostri vecchi non si lavi - ancora oggi - per tutta la durata della cura e, tra sudori e preghiere, chiede la guarigione al Signore per intercessione di san Calogero.

TRADIZIONI POPOLARI

Il monte Cronio era ritenuto infestato da diavoli che vennero esorcizzati secondo la tradizione (popolare e letteraria) da san Calogero, ponendo fine così alle pratiche pagane e valorizzando l’aspetto curativo delle terme, tanto che ancora oggi il Santo viene invocato per problemi di natura ossea: San Calogiru e Maria, vui prigati a Diu pi mia, sti dulura ch’haju iu l’offirisciu a lu me Diu.
Si racconta che, durante la sua permanenza eremitica in una grotta di Sciacca, accanto alle grotte vaporose, il Santo abbia lanciato il suo bastone contro un diavolo che lo infastidiva: evento che sarebbe all’origine dell’espressione diavulu zuppiddu, che a Sciacca viene indirizzata a qualcuno che infastidisce. Il Santo, che è venerato in molte città di Sicilia, a Sciacca è invocato affettuosamente nelle situazioni di bisogno o per chiedere protezione: San Caluriuzzu di àutu munti, scanzàtini di tutti mali punti!
Alle grotte vaporose è legata la cosiddetta “virtù delle sedie”, ovvero dei sedili che circondano le pareti interne dell’antro di Dedalo, ambiente dove ancora oggi si entra, si sta seduti per una ventina di minuti e si suda copiosamente. Secondo la tradizione, ognuno di questi sedili aveva la speciale proprietà di curare una determinata malattia, tanto che qualcuno incise il none della malattia sui sedili. Il popolo utilizzava argutamente i richiami alle pratiche termali, come ad esempio con l’espressione: si fìciru li bagni!,
che indicava l’inaspettato benessere di cui veniva a godere chi era toccato dalla fortuna. Ancora, quando uno non ci sente o fa finta di non sentire, viene mandato ironicamente al cosiddetto pittusu di san Calogiru, ovvero al buco dell’Orecchio, che era ritenuto un rimedio popolare contro la sordità. Oggi il buco risulta murato, ma la tradizione nasconde forse una accezione “auricolare”, come era quella relativa allla Sibilla cumana. Il ricordo di grotte vaticinanti resta ad esempio legato nel territorio ad un’altra grotta, che però non è vaporosa, denominata grotta di Tachahano, che il Fazello ricorda per il fenomeno dell’eco. La pratica nell’antro di Dedalo già nel Medioevo era chiamata impropriamente “bagno secco”, anche se si trattava di una permanenza in ambiente caldo-umido. Sciacca accoglieva anticamente numerosi forestieri ammalati, ai quali venivano messi a disposizione i fondaci e gli ospedali: chi stava in questi ultimi, però – che erano gestiti da congregazioni religiose – aveva l’obbligo di confessarsi e di purgarsi prima delle cure: ed essennu cunfissatu, assulvutu e pirdunatu di li tò passati errori ti cuncedi lu Signori ciò chi voi, ciò chi dumanni pî virtù di chisti bagni.
Infine, dopo la cura in grotta veniva sconsigliato di lavarsi, tanto che il Breviario del tempo dei Normanni afferma che “si lavavano nel proprio sudore”. Gli antichi però non avevano tutti i torti, perché se provate a sostare in queste grotte, vi accorgerete che non si sentono cattivi odori - né dagli altri, né da voi stessi - forse per il grande ricambio d’aria favorito da un tiraggio naturale.


Giuseppe Verde